Un konbini e la luna
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Un konbini e la luna

Mi ricordo che quando sono venuto a sapere dell'idea di non luogo ho traballato.

A costo di rischiare uno scioglilingua: ci sono i luoghi luoghi, quelli che hanno un'identità, in cui le persone che li frequentano mettono in piedi relazioni, con altre persone, con gli animali, se ci sono, anche con il luogo stesso. Il luogo luogo per antonomasia, direi, è, per te, casa tua.

Poi ci sono i luoghi non luoghi: quelli in cui passi e vai, quelli che non ti ricordi bene il giorno dopo. Per esempio gli aeroporti, i centri commerciali, l'Ikea, Burger King e affini, luoghi replicabili all'infinito, a cui il marketing chiede, al massimo, di darti un senso di familiarità, acquisita, come un sapore che impari a conoscere, dopo la prima volta che l'hai assaggiato, ed è sempre quello, stai tranquillə: il Big Mac®, in un senso, è a sua volta un non cibo.

Va da se che, una volta fatta la scoperta, non ho più smesso di catalogare cos'è luogo e cosa non luogo. Così, pensavo, semplificando, prima di partire per il Giappone, che i konbini fossero non luoghi.

I konbini sono dei piccoli supermercati, ma è riduttivo: un konbini è un piccolo supermercato, capillarmente diffuso, di solito è parte di una catena che di konbini ne possiede a decine di migliaia. È un supermercato, ma vende anche le sigarette, c'è sempre una fotocopiatrice, il bancomat, credo ci fosse il fax, fino a poco tempo fa, ci sono i bagni, puoi usarli anche se non compri niente. Ci sono i bidoni della spazzatura, che in Giappone sono rari, e di solito, la spazzatura, te la porti a casa.

Certi konbini spediscono pacchi, ma devi parlare giapponese per spiegare dove mandarli. Alcuni konbini hanno i locker, gli armadietti dove lasciare cose. Ci sono i giornali, nei konbini, un po' di cibo fresco, le banane, un angolo con un bancone a cui appoggiarti per mangiare guardando fuori.

Ci sono konbini in tutte le città, ma anche lungo le strade: quelli di città si adattano agli spazi stretti disponibili, quelli di campagna sembrano fatti con lo stampino e hanno intorno un parcheggio, di solito. Tanti posteggiano, lasciano l'auto accesa, nell'afa estiva smisurata, per non perdere il vantaggio-benessere dell'aria condizionata. Nel konbini troveranno fresco, a volte pure troppo.

I konbini si chiamano così per un giro linguistico che, a pensarci, fa tenerezza e sembra un rompicapo. konbini è la traslitterazione in caratteri occidentali della parola giapponese コンビニ. È scritta usando dei caratteri fonetici, di un alfabeto che si chiama katakana, quello che si usa per le parole che vengono da fuori, che devono suonare come le parole straniere a cui si ispirano. Per konbini, il suono è quello dell'inizio dell'inglese "convenience store": convenience dice che è sempre a disposizione (e infatti moltissimi konbini sono aperti anche la notte), ed è a portata di mano (infatti i konbini sono tanti che quasi fa paura).

Ma io semplificavo, pensando, prima di partire, che i konbini fossero non luoghi: mi sono sbagliato, o almeno credo. Sono non luoghi nella forma: sono tutti uguali e, senza dubbio, rassicuranti. Ma bisogna guardare la sostanza, delle cose, dei konbini.

Ci sono konbini che per chi abita lì vicino, sono come delle cucine, che a volte non ci sono neanche, nelle case piccolissime delle metropoli giapponesi. E allora le persone scendono un attimo giù al konbini a comprare e scaldare la cena. Ci sono konbini che dopo i terremoti, frequenti, diventano punti di distribuzione degli aiuti. Certi konbini vogliono formare il personale perché sappia accogliere persone anziane, tantissime in questo paese longevo, e aiutarle quando sono confuse.

  • Fotocamera: X-T2
  • Obiettivo: XF18-135mmF3.5-5.6R LM OIS WR
    • 18mm
    • ƒ/3.5
    • 1/30s

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Pubblicata il 21 luglio 2024

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Pubblicata il 25 luglio 2024

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